Sempre più giovani si confidano con l’intelligenza artificiale su sentimenti ed educazione sessuale, ma cosa succede quando il digitale sostituisce le relazioni.
L’IA come nuovo confidente: quando i giovani preferiscono il digitale all’amico
Negli ultimi anni, l’intelligenza artificiale si è trasformata in un interlocutore privilegiato per molti giovani, sostituendo spesso l’amico, il familiare o il confidente tradizionale. Secondo un mio personale studio, tra le domande più frequenti che i ragazzi rivolgono all’IA spiccano i consigli sentimentali e le questioni legate all’educazione sessuale. L’IA è percepita come un’alleata discreta e imparziale, che tutela l ‘anonimato, in grado di fornire risposte rapide e prive di giudizi, caratteristiche che la rendono preferibile a genitori, insegnanti o amici. Il fenomeno: perché i giovani si confidano con l’ intelligenza artificiale? L’attrazione dei giovani verso l’IA come interlocutore privilegiato deriva da diversi fattori sociologici e psicologici: accessibilità e anonimato – Parlare con un’IA, ovvero con lo strumento che media la comunicazione, smartphone o pc, elimina l’ansia del confronto diretto, permettendo di esplorare temi delicati, più intimi che toccano il proprio Io, senza la paura di essere giudicati, o ripresi. Praticità e immediatezza – A differenza degli amici o degli adulti, l’IA è sempre disponibile, risponde in tempo reale e offre un’ampia gamma di informazioni anche se consiglio sempre di verificare l’attendibilità dell’informazione fornita. Neutralità emotiva – Mentre un confidente umano potrebbe esprimere opinioni personali o essere influenzato dalle emozioni, l’IA fornisce risposte neutre e spesso basate su dati scientifici. Deficit dell’educazione affettiva – In molte culture, parlare apertamente di sentimenti e sessualità rimane un tabù. L’IA colma questo vuoto informativo, diventando una risorsa alternativa.
Le conseguenze sociologiche di questa trasformazione

Se da un lato l’IA può rappresentare un valido supporto, dall’altro il suo utilizzo come principale interlocutore può generare effetti collaterali, soprattutto nelle dinamiche relazionali e nello sviluppo emotivo dei giovani. Indebolimento delle competenze sociali – Confidarsi esclusivamente con un’IA riduce la capacità di gestire il confronto con gli altri, limitando l’empatia e la capacità di affrontare situazioni emotive complesse nella vita reale. Isolamento dal gruppo – Il gruppo di pari ha storicamente avuto un ruolo fondamentale nei processi socializzanti, nella costruzione dell’identità e nell’elaborazione di esperienze comuni. Diverse notizie ed esperienze sono state acquisite stando insieme ai propri coetanei. L’eccessiva dipendenza , quindi, dall’IA può ridurre le interazioni sociali dirette, compromettendo la crescita personale.
Perdita della dimensione affettiva nelle relazioni – L’IA può fornire informazioni e consigli, ma non può sostituire l’empatia, il sostegno emotivo e il calore umano di un vero amico. Il rischio è che i giovani sviluppino una visione razionalizzata dei sentimenti, priva della profondità emotiva che solo l’interazione umana può offrire.
Eccessiva fiducia in risposte standardizzate – Anche se avanzata, l’IA non può comprendere pienamente le sfumature di ogni situazione personale. Affidarsi esclusivamente a risposte algoritmiche potrebbe portare a una semplificazione eccessiva di problemi complessi.
Verso un equilibrio tra tecnologia e relazioni umane
L’intelligenza artificiale può essere un utile strumento di supporto, ma non dovrebbe mai considerarsi come valore sostituibile alle relazioni umane. Educatori, genitori e figure di riferimento dovrebbero promuovere un uso consapevole dell’IA, incentivando al contempo il dialogo e la socializzazione reale, sia all’interno del gruppo classe che all’esterno con il gruppo dei coetanei che svolge una funzione insostituibile del percorso socializzante. Il futuro delle relazioni giovanili non può essere affidato esclusivamente a un’interfaccia digitale: il contatto umano rimane essenziale per la crescita emotiva e sociale. In definitiva, la sfida non è demonizzare l’IA, ma insegnare ai giovani a utilizzarla in modo equilibrato, senza rinunciare all’ascolto, al confronto e al sostegno reciproco che solo il legame umano può offrire. A vivere insieme e con gli altri, rammentando che si diventa “umani” attraverso le sane relazioni che si instaurano sin dalla tenera età con il mondo esterno a Noi. A cura del sociologo e giornalista Francesco Garofalo