All’interno delle comunità locali del Savuto, erano considerate il ” pane” dei poveri” . Le famiglie ne facevano un gran uso ed erano particolarmente apprezzate come alimento da gustare e consumare in compagnia. Nella stagione autunnale, seduti attorno al caminetto, gruppi di parenti e amici solevano riunirsi, per consumare insieme questo genuino prodotto, fornito dagli estesi castagneti che ricoprivano gran parte del territorio collinare e montano, curati, con particolare attenzione, dalle famiglie ” allargate” dei contadine sparse e residenti nelle varie e popolose frazioni montane. Ricordiamo che il castagno è stato e continua ad essere nel Savuto una delle colture arboree più antiche che per secoli ha sfamato intere generazioni della popolazione montana. Non si hanno notizie certe sulla sua introduzione in regione. Molti ipotizzano che sia stata introdotta nell’epoca delle colonizzazione ellenica e poi incrementata durante il periodo romano. La massima diffusione dei castagneti si sarebbe registrata nel periodo della prima guerra mondiale.
La castanicoltura calabrese ha, infatti, una forte caratterizzazione territoriale ed emerge prevalentemente nell’area del cosentino dove la superfice coperta da queste piante arboree è abbastanza estesa. La modernità, come molte altre buone e genuine tradizioni, ha accantonato il “pane e castagne” e negli scaffali dei negozi commerciali ha preso il sopravvento il “pane bianco”, prodotto da farine sempre più raffinate. Il pane di castagne è quasi sparito dalla produzione e solo qualche panificio artigianale lo fornisce ancora, facendo leva alla memoria degli anziani che ricordano come la farina che si ricavava veniva utilizzata per fare “u pane e castagne” ricetta antica che viene ricordata nelle sagre paesane dedicate a questo dolce prodotto, ricco di sostanze nutritive, avente una straordinaria versatilità. Sono in molti ancora che ricordano e raccontano il periodo in cui da giovani si ricorreva a questo tipo di pane “fatto in casa”, dalla forma di piccole pagnotte, poco più grandi di un panino, di colore scure e dal sapore dolce di cioccolato. Tutto veniva “processato” secondo tecniche antiche, trapassate da generazioni in generazioni, secondo modalità definite “a occhio”: le quantità utilizzate non venivano pesate ma tutto era affidato alla bravura delle massaie. Qualche volta l’impasto veniva integrato con farina di grano, proveniente dalla coltivazione e dalla trasformazione del grano prodotto in loco. Nei tempi passati , quindi, la castagna era un sostentamento per le famiglie che non potevano permettersi il pane di grano, specie in alcuni Comuni dove la produzione era carente e non sufficiente.
Oggi quando pensiamo all’autunno non possiamo non pensare alle caldarroste, ai suoi benefici prodotti al palato e all’atmosfera impregnata dal caratteristico odore emanato dalla cottura. Il dolce profumo percepito dai sensi, contribuirà a costruire nel Savuto, la magica atmosfera natalizia, fatta di luci, colori, antichi odori, sapori e tradizioni culturali da non disperdere.