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Perché si va verso la scissione del PD

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Perché si va verso la scissione del PD
I temi dominanti del PD non sono, in questo momento, quelli riguardanti il Paese ma quelli concernenti la famiglia PD all’interno della quale si respira, oggi come non mai, aria di separazione. Il conflitto, sempre esistito e mai sopito tra le diverse anime che hanno costituito il PD, si è accentuato ancor di più dopo il responso referendario che ha dato energia agli oppositori interni, indebolendo la leadership che nella struttura partitica occupa ancora la posizione più elevata.
Il riferimento è al segretario nazionale, Renzi e ai suoi stretti collaboratori dai quali, come in ogni famiglia che si rispetti, il resto del gruppo attende indicazioni per poi decidere il da farsi.
Se dovesse arrivare l’appuntamento congressuale è evidente che l’opposizione interna concentrerebbe la massima attenzione sull’alternanza della leadership, togliendo vivacità al processo di separazione che comunque rappresenterebbe una frattura traumatica per tutto il popolo PD. Salti di gioia invece per la sinistra storica italiana, che auspica e guarda con interesse alla scissione del partito di Renzi. La frattura agevolerebbe la costituzione di un partito di sinistra con una propria identità storica e culturale.
La lotta di potere interna al PD non si esaurirebbe, comunque, con il Congresso al di là delle risultanze a cui potrebbe pervenire l’assise congressuale. Sia i vincitori che i vinti, di fronte ad una legge elettorale che agevola il sistema proporzionale, sono spinti a promuovere proprie liste con propri simboli e con propri capilista.
Si salvi chi può. La legge elettorale che si prefigura all’orizzonte getta un’ancora di salvezza per molti soggetti politici che si vedrebbero esclusi dalle liste, edificate- come la storia insegna- su immagine e somiglianza del capo partito.
E poiché ciascuno aspira ad essere rieletto e ricoprire ruoli sempre più significativi, non rimane che sostenere la scissione ovvero l’implosione del PD. La nascita di tanti partiti e movimenti sarebbero destinati a allearsi dopo le elezioni in un’unica coalizione per sostenere un governo che per sua natura non potrà che nascere debole e precario.
La democrazia è questa. Si regge su equilibri. Lo sa bene la politica, ma soprattutto la “casta” che si rigenera, si rinnova senza mai cambiare. La rottamazione non esiste, non può esistere in politica perché il pensiero, come i gesti “costruiscono” la politica. E il pensiero ed i gesti non possono essere rottamati al pari di un pezzo meccanico. E la cronaca di questi giorni, sia nazionale che internazionale, ne è testimone.