Declino dei matrimoni e nuove forme di unione: cause, conseguenze e riflessioni sociologiche
Il matrimonio, introdotto come sacramento dalla Chiesa cattolica con il Concilio di Trento, è stato a lungo celebrato come il culmine dell’amore tra due persone e un simbolo di stabilità sociale. Tuttavia, negli ultimi anni si registra un netto calo delle nozze mentre aumenta l’età media del primo matrimonio..Secondo i dati ISTAT, nel 2023 si sono registrati 184.207 matrimoni, un dato che conferma una discesa costante dal picco registrato nel “rimbalzo” post-pandemia. Parallelamente, anche la natalità è in crisi, con un crollo demografico sempre più marcato. A questo si aggiunge la prevalenza dei riti civili (60%) su quelli religiosi, indice di un cambiamento culturale che riflette una crescente esitazione di fronte al “per sempre”. L’età media per il primo matrimonio continua a salire: 34,7 anni per gli uomini e 32,7 per le donne, segno di un rinvio continuo di progetti di vita stabili. L’unica eccezione è rappresentata dai secondi matrimoni o successive unioni, che raggiungono il 25% del totale. Le convivenze come alternativa al matrimonio.In parallelo al declino del matrimonio, si registra un boom delle convivenze: definite “unioni libere” dall’ISTAT, queste sono più che triplicate negli ultimi vent’anni, arrivando a circa 1,6 milioni. Questo fenomeno evidenzia una trasformazione profonda nella percezione dell’unione di coppia: non più vincolata da obblighi formali o religiosi, ma vissuta come una scelta fluida e meno impegnativa.
Analisi sociologica: il declino del matrimonio come specchio della società
Dal punto di vista sociologico, il calo dei matrimoni si inserisce in un quadro di modernità liquida, come descritto da Zygmunt Bauman. Le relazioni umane, così come altre istituzioni tradizionali, si fanno più instabili e frammentate, vittime della precarietà economica e di una crescente sfiducia nel futuro. I modi di stare insieme come sappiamo sono cambiati e forme diverse si consolidano nel tempo. I giovani affrontano incertezze lavorative, precarietà abitativa e difficoltà economiche, che scoraggiano i progetti di lungo termine come il matrimonio o la genitorialità. Inoltre, l’estensione degli anni di studio e il ruolo protettivo (talvolta iperprotettivo) delle famiglie d’origine ritardano l’ingresso nella vita adulta, con un conseguente posticipo delle scelte definitive.
Un altro fattore è il costo elevato del matrimonio, che lo rende un evento spesso fuori portata per molti. Secondo recenti stime, il costo medio di una cerimonia nuziale si aggira intorno ai 21.700 euro, senza considerare il viaggio di nozze. In una società dove il risparmio e la sicurezza economica prevalgono, questi costi appaiono sproporzionati rispetto ai benefici percepiti.
Un cambiamento di valori culturali
La crescente popolarità delle convivenze riflette anche un cambiamento nei valori culturali. La libertà individuale e la flessibilità relazionale sono diventate prioritarie rispetto agli obblighi istituzionali. Questo mutamento si accompagna a un calo della religiosità e alla perdita di centralità del matrimonio come rito sociale, soprattutto nelle giovani generazioni. L’allergia alle nozze si può leggere come un riflesso del “debito di speranza” che pervade la nostra epoca. La fiducia nelle relazioni stabili sembra essere stata tradita da un realismo disincantato, che porta molti a temere il fallimento e a rinunciare ai sogni di una vita condivisa. Questo fenomeno non riguarda solo i matrimoni, ma si estende a una generale riluttanza a impegnarsi in progetti di lungo termine, dai figli al lavoro.
Per invertire questa tendenza, sarebbe necessario intervenire su più fronti:
- Politiche di sostegno economico e familiare, che rendano il matrimonio e la genitorialità meno gravosi.
- Valorizzazione delle relazioni stabili, anche attraverso percorsi educativi che promuovano la comunicazione e il rispetto reciproco.
- Riduzione dei costi associati al matrimonio, incentivando cerimonie più semplici e accessibili.
In definitiva, la crisi del matrimonio non è solo un problema personale o culturale, ma un indicatore del malessere di una società in cui il futuro appare troppo incerto per essere pianificato insieme a qualcun altro.(La redazione)