Oggi, 9 febbraio, ricordiamo il sacrificio del filosofo arso vivo per le sue idee, accostando il suo coraggio al moderno dissenso del prete agnostico che sfida i dogmi
Oggi, 9 febbraio, si ricorda Giulio Cesare Vanini, il filosofo che, nel 1619, fu condannato al rogo per aver osato mettere in discussione i dogmi dell’epoca. Questo triste avvenimento, che segna la storia della lotta per la libertà intellettuale, non è affatto casuale se oggi lo confrontiamo con la figura di Don Drink, protagonista del romanzo di Francesco Garofalo, reperibile su Amazon, che sta riscuotendo un notevole successo editoriale.
Il coraggio di Vanini: martire del pensiero critico
Giulio Cesare Vanini fu un uomo che non temette di interrogarsi sulle verità imposte. Le sue idee, che negavano la concezione tradizionale dell’immortalità dell’anima – un dogma radicato nel pensiero platonico e agostiniano – lo portarono ad essere accusato di ateismo. In un’epoca dominata dalla Controriforma e dalla rigidità del pensiero religioso, il dissenso di Vanini fu visto come un grave attacco alla fede, culminando nella sua condanna al rogo a Tolosa. La sua esecuzione rappresenta ancora oggi il simbolo estremo del prezzo che spesso il pensiero libero è costretto a pagare.
Don Drink: il dissidente moderno
Nel romanzo di Francesco Garofalo, Don Drink si presenta come una figura altrettanto audace, ma inserita nel contesto dei nostri tempi. Religioso agnostico e ironico, il protagonista è dedito al vino e, in un episodio sorprendente, viene addirittura salvato da “due angeli”. Con una lettura moderna dei testi sacri – dalla Bibbia ai Vangeli – Don Drink mette in discussione dogmi antichi, sottolineando come anche questi testi, frutto di traduzioni e interpretazioni (come quella recente ed esclusiva pubblicata da Einaudi nel 2023), debbano essere contestualizzati nel loro tempo. Il romanzo, che sta ottenendo interesse, di recente presentato presso la Sala Nassirya del senato della repubblica, invita il lettore a riflettere sul confine sottile tra fede e ragione. Proprio come Vanini, Don Drink sfida il pensiero preconfezionato, dimostrando che ogni dogma, per quanto venerato, è suscettibile di essere riesaminato e reinterpretato. Per esempio, le parole tradotte dall’aramaico e dal greco – che hanno dato origine a immagini tradizionali come quella della Madonna intesa come “Vergine” – possono essere lette in chiave diversa, suggerendo un’immagine più umana e contestualizzata, che supera il rigido schema della tradizione.
Il parallelismo non è casuale
La scelta di commemorare oggi Vanini, il 9 febbraio, rafforza il parallelo tra il filosofo martire e il moderno Don Drink. Mentre il primo ha pagato con la vita il prezzo di un pensiero che sfidava il dogma, il secondo incarna, nel contesto attuale, la stessa sfida contro le verità indiscutibili. In un’epoca in cui persino i testi sacri sono oggetto di traduzioni e reinterpretazioni, il coraggio di interrogarsi e di mettere in discussione i dogmi diventa un valore imprescindibile.
Francesco Garofalo, in un’intervista recente, ha spiegato:
“Don Drink nasce dall’esigenza di esplorare i limiti della fede, di interrogare quei dogmi che rischiano di imprigionare il pensiero. In un mondo in cui la parola sacra è continuamente mediata da traduzioni e interpretazioni, il personaggio vuole essere un invito a non accettare passivamente le verità stabilite.Oggi, nel ricordare Giulio Cesare Vanini, si riafferma l’importanza del pensiero critico e della libertà intellettuale. Il tragico destino del filosofo ci ricorda quanto sia pericoloso reprimere il dissenso, mentre il successo del romanzo di Francesco Garofalo e la figura di Don Drink ci offrono uno specchio in cui riflettere sulle nuove modalità con cui il pensiero libero può esprimersi nel mondo contemporaneo.
Il dialogo tra passato e presente, tra la memoria di un martire del pensiero e la vitalità di un moderno dissidente, è un invito a continuare a interrogarsi, a sfidare le verità preconfezionate e a riscoprire il valore inestimabile della libertà di pensiero, oggi come ieri.
___________________________________________________________________________________________________________________Giulio Cesare Vanini, Taurisano (Terra d’Otranto) 1585
Il 9 febbraio 1619, a Tolosa, Giulio Cesare Vanini è condotto al rogo per essere giustiziato come “ateo e bestemmiatore del nome di Dio“. All’aguzzino che deve accompagnarlo al patibolo dice, con fierezza, in italiano:

“Andiamo, andiamo allegramente a morire da filosofo“