Facciamoli volare in segno di pace nel ricordo dei bambini caduti in queste assurde guerre
Ogni anno, in questa occasione speciale, centinaia di aquiloni si liberano nell’aria, richiamando alla mente la leggerezza, i colori e il desiderio di libertà insito in ogni persona. In Cina, l’aquilone è descritto con un termine poetico che significa “uccello del vento,” una creatura capace di danzare e muoversi liberamente, lontano dalla terra. L’idea di far volare un aquilone è antica. Probabilmente nacque osservando il volo degli uccelli, il frusciare delle foglie al vento o il gonfiarsi delle vele delle barche. Secondo una vecchia leggenda cinese, l’invenzione dell’aquilone avvenne per puro caso: un contadino, intento a lavorare nei campi, si vide sollevare il cappello dalla testa da una raffica di vento. Il contadino, rapido, afferrò la cordicella del cappello, che iniziò a volteggiare nell’aria. Inseguendo il cappello svolazzante, il contadino si divertì moltissimo, così come gli altri lavoratori che lo osservavano. Fu così che nacque il primo aquilone. Tuttavia, è più probabile che l’origine sia diversa.
L’aquilone fu utilizzato anche per finalità belliche: serviva – un po’ come i moderni droni – per segnalazioni e comunicazioni durante le operazioni di guerra, per richiedere rinforzi, misurare la forza del vento o la distanza dalle fortificazioni nemiche. In Cina, il materiale per costruire aquiloni era facilmente reperibile: seta per il tessuto e i fili, e bambù, elastico e resistente, per la struttura.
A partire dal 600 d.C., l’uso dell’aquilone in Cina si diffuse anche per scopi ludici, portando gioia a bambini e adulti.
Oggi esistono vari tipi di aquiloni: quelli semplici per il puro divertimento, quelli sofisticati per competizioni sportive e quelli usati in Oriente per i combattimenti, come descritto nel libro “Il cacciatore di aquiloni” di Khaled Hosseini.
Oltre alla scienza e al divertimento, gli aquiloni ispirano anche la poesia: «C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico… sì, gli aquiloni» cantava Pascoli, catturando in questi versi lo stupore e la gioia che suscitano.