In un momento difficile per la civile convivenza dove le viscere della società sono sotto minaccia di un microorganismo (Coravid-19) che ha messo in crisi le interazioni umane; in un momento in cui l’individuo sta cedendo molto del suo essere soggetto sociale per difendersi dalla infezione del virus venuto da lontano; nel momento in cui il Paese, unito e coeso, segue e prova per la prima volta nella storia democratica, sulla propria pelle, rigide disposizioni, serrandosi nelle abitazioni per difendere se stesso e i propri simili; di fronte alla Pandemia dichiarata, vissuta e percepita come dramma comune, che ha costretto a rinchiudersi nelle mura domestiche, ad isolarsi fisicamente dal mondo che fino a ieri è stato vissuto intensamente, ci si rende conto che, grazie a internet, ai social l’individuo è e rimane essere sociale, immerso in un rete viva e palpitante di voci, di sentimenti e di emozioni. Conserva la sua relazione con il mondo esterno, attraverso un processo comunicativo tecnologico all’interno del quale riscopre quella umanità, quella fratellanza sovente messa in discussione, sfigurata e analizzata con disprezzo prima dell’avvento delle restrizioni delle libertà decretate e accettate da tutte le comunità da Nord a Sud.
La rete, sovente messa sotto accusa nella conduzione della vita normale, per aver dato la parola a “legioni di imbecilli” al pari di un premio Nobel, accusata di far veicolare false notizie e facili inganni, fonte dei mali moderni fino a creare dipendenza e danni psichici. La rete , questo demone moderno, in un periodo in cui consente di stare e fare con la gente, di rendere comune e partecipe delle proprie condizioni, di raccontare fatti e leggere, ascoltare emozioni riferite attraverso immagini, parole e scritti, in modo fulmino, ci induce a riflettere sulla funzione reale che svolge e che abbiamo a disposizione sempre. Ci rendiamo conto come non sia più quel diavolo descritto tale in periodo di pace, da mettere al patibolo, alla forca, ma si rileva semplicemente sano e innocuo strumento da amare, al servizio di tutti coloro che versano in difficoltà comunicativa visus a visus, consente anche agli imbecilli che hanno, comunque, il diritto di cittadinanza, di vivere la vita, di relazionarsi e sentirsi vivi tra le mura domestiche. Così come anche le mura che sovente abbiamo disprezzato e richiesto l’abbattimento perché ritenute barriere, oggi vengono rivalutate perché ci difendono dal contagio e dalle intenzioni. Anche le mura, anche i confini, si rivelano così per difendere il singolo, la stessa comunità e il Paese. Io sto in casa, tra le mura domestiche per tenere fuori dall’uscio il nemico. Allora ci rendiamo conto come anche alle mura tributiamo un valore diverso, di difesa, di barriera dimostrando che esse servono e sono utili per preservare l’uomo dalle sfide dell’invisibile e del visibile, da ciò che provoca o potrebbe cagionare malessere al suo modo di essere e di agire nella società.
Allora ci si accorge anche come le mura siano uno strumento di difesa, non da abbattere ma da difendere, non da demonizzare ma esaltare.
La nuova condizione in cui viviamo, ci fa apparire il mondo diverso, fa comprendere come l’uomo sia facilmente vulnerabile in questa società moderna e come egli abbia sempre bisogno dell’altro, che non può essere visto come demone perché in quel demone c’è parte dell’altro, dei suoi bisogni e del suo vivere insieme.
Il bene e il male, l’imbecille e il premio Nobel, i limiti (le mura) e l’illimitato (abbattimento delle mura), il vero e il falso, fanno parte della vita di relazione, fanno parte del mondo della rete, non possono essere selezionati come la televisione, la radio ecc., esclusi dal mondo della rete, dai servizi che essa offre proprio perché questi fatti, tutti insieme, costituiscono quel meraviglioso mondo che è costituito dalle diversità, dal mondo di vivere e stare nella società. Anche lo sciocco del bar dello sport ha diritto di cittadinanza in rete. Sta a noi cogliere, nella rete come all’esterno di essa, le positività e le negatività che fornisce. Oggi più che mai stiamo osservando come questo meraviglioso sistema di diversità sia importante per rallentare, contenere il diffondersi del Coravid-19, “colpevole” di averci rinchiuso tra le mura domestiche, di averci fatto apprezzare di più il valore dei social, di averci fatto comprendere di più il significato della diversità e della bellezza di questo mondo. (Francesco Garofalo- sociologo)