Istituita dall’ONU nel 2020, durante il lockdown, la Giornata internazionale delle Coscienze, vuole ricordare a tutti di ascoltare le proprie coscienze ed incoraggiarle a celebrare questa giornata per riflettere sull’importanza di promuovere la pace e sostenendo programmi educativi indirizzati all’amore ed alla coscienza. Il concetto di coscienza è rinvenibile nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani; l’Art 1 infatti afferma che “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”, l’Art. 18 statuisce invece che “Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti”. Ma cosè la coscienza? Nel suo volume De la divison du travail social del 1893 Durkheim così definiva la coscienza collettiva: “l’insieme delle credenze e dei sentimenti comuni alla media dei membri d’una medesima società forma un sistema determinato che ha una sua propria vita. Lo si può chiamare la coscienza collettiva o comune
La parola coscienza la troviamo nella Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea, quell’Europa che oggi sta affrontando l’emergenza ucraina che ha risvegliato domande antiche, che interrogano le coscienze oltre agli stati. Quali metodi adottare per fermare le barbarie della guerra? Come riaffermare il valor del dialogo e del confronto democratico e civile in una situazione che ha già travalicato ogni comportamento umanamente accettabile? Come mettere in discussione il nostro stile di vita che crea dipendenza da altri paesi dalla democrazia incompiuta?
La Costituzione italiana, pur non comprendendo esplicitamente nel proprio testo il vocabolo coscienza, sancisce implicitamente il diritto all’obiezione (e quindi all’esercizio) di coscienza, negli articoli 2, 19 e 21 della carta stessa.
Nell’assetto normativo determinatosi nel dopo guerra l’obiezione di coscienza ha trovato pieno riconoscimento in quattro casi: il primo riguardava l’uso personale delle armi, divenuto rifiutabile “per imprescindibili motivi di coscienza” grazie alla L. 15 dicembre 1972, n. 772, e alle successive modifiche del 1974 e del 1988, superate poi dalla soppressione del servizio obbligatorio di leva. Il secondo si è avuto con la L. 22 maggio 1978, n. 194, il cui art. 9 prevede che il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non sia tenuto a prendere parte alle procedure abortive quando sollevi obiezione di coscienza; il terzo è stato generato dalla possibilità di esprimere obiezione alla sperimentazione animale contenuta nella Legge 413 del 1993; il quarto, infine, dalla L. 19 febbraio 2004, n. 40, il cui Art. 16 ha affermato il diritto all’obiezione di coscienza del personale sanitario ed esercente le attività sanitarie ausiliarie che non intenda prendere parte alle procedure per l’applicazione delle tecniche di fecondazione artificiale.
Fondamentale, quindi, è l’ascolto e il risveglio di ogni coscienza, per migliorare effettivamente l’esistenza di ognuno