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Don Luigi Sturzo, 63 anni fa la morte del «padre» della Democrazia Cristiana. Colto da un malore mentre celebrava la messa, muore due giorni dopo nella casa della Suore Canossiane, all’Appio Latino a Roma, dove viveva da diversi anni
Sessantatré anni addietro, colto da un malore mentre celebrava la santa Messa, muore dopo due giorni, il sacerdote e politico siciliano, Don Luigi Sturzo ( nella foto), fondatore nel 1919 del Partito Popolare italiano da cui trae origine la Democrazia Cristiana. Oggi più che mai, con il diffondersi dei processi accentratori dei poteri, dei conflitti in atto, delle misure che vanno ad interessare le libertà individuali e collettive, il pensiero sturziano assume una rilevanza di grande significato umano, sociale ed economico in quanto sprona il cittadino ad una rinnovata e sentita partecipazione alla vita istituzionale del Paese e delle Nazioni. La partecipazione rappresenta, infatti, una condizione fondamentale per mantenere alto e stabile il valore della democrazia.
L’appello di don Luigi Sturzo, ” Liberi e forti” chiama a raccolta tutti e tutte senza distinzione di confessione o credenza, nel disegnare i caratteri di un partito centrista e moderato, pronto ad alleanze con i liberali. Rappresenta una pietra miliare della storia del Cristianesimo democratico italiano. Fino ad allora, infatti, a seguito del non expedit , ai cattolici italiani era vietata qualsiasi forma di partecipazione alla vita pubblica del neonato Regno: “né eletti, né elettori”.Ispirato da don Luigi Sturzo, l’appello contiene i caratteri fondamentali di quello che sarà poi definito popolarismo, una sorta di trasposizione in politica dei caratteri sociali ed etici della dottrina sociale della Chiesa cattolica, assorbendo anche alcuni principi propri del conservatorismo, del liberalismo e perfino del socialismo.
Come oggi , 8 agosto 1959, moriva a Roma Don Luigi Sturzo, una delle figure più luminose del cattolicesimo democratico italiano. Il 18 gennaio 1919, la Commissione provvisoria del Partito Popolare Italiano lanciava l’Appello ai «liberi e forti» rivolto a quanti, «uomini moralmente liberi e socialmente evoluti», erano disposti a impegnarsi a sostenere un progetto politico e sociale per l’Italia all’indomani della Prima guerra mondiale. Tra i membri della Commissione provvisoria, guidata da Luigi Sturzo, vi erano Giovanni Bertini, Giovanni Bertone, Stefano Gavazzoni, Achille Grandi, Giovanni Grosoli, Giovanni Longinotti, Angelo Mauri, Umberto Merlin, Giulio Rodinò, Carlo Santucci.
Il sacerdote siciliano, con l’appello ai liberi e ai forti, redatto dalla Commissione provvisoria del Partito Popolare Italiano, il 18 gennaio 1919, fonda il Partito Popolare Italiano per strutturare l’impegno dei cattolici in politica.
L’appello accetta ed esalta il ruolo della Società delle Nazioni, difende “le libertà religiose contro ogni attentato di setta”, il ruolo della famiglia, la libertà d’insegnamento, il ruolo dei sindacati. Si pone particolare attenzione a riforme democratiche come l’ampliamento del suffragio elettorale, compreso il voto alle donne, si esalta il ruolo del decentramento amministrativo e della piccola proprietà rurale contro il latifondismo.
E’ bene ricordare che numerose di queste posizioni non erano del tutto accettate dalla società di inizio ‘900. Il ruolo delle donne nella società, come quello dei sindacati o dei comuni non era patrimonio comune della nazione. Soprattutto da parte della gerarchia il ruolo dei sindacati, nonostante l’enciclica Rerum novarum di papa Leone XIII, continuava ad essere poco gradito.
Inviso al fascismo, venne di fatto esiliato dal 1924 – facendo tappa a Londra, Parigi e New York – fino al ritorno in Patria nel 1946.
Il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi nel 1952 decide di nominare Don Luigi Dturzo, senatore a vita. Il sacerdote siciliano, fondatore del Parftito Popolare, accetta la nomina solo dopo aver ricevuto il permesso da parte di Papa Pio XII.
Il 24 novembre 2017 si è conclusa a Roma la fase diocesana della causa di beatificazione, dopo circa 20 anni di lavoro. L’incartamento è ora all’esame della Congregazione per le Cause dei Santi.
“Fu decisivo – ha ricordato Mattarella qualkche anno addietro – nel superare il non expedit, nel rendere così i cattolici cittadini pienamente partecipi della cosa pubblica. Il processo che seppe innestare contribuì alla ricomposizione politica del Paese. Don Sturzo cominciò dalle basi della società, dalla difesa della dignità dei contadini nel mondo agrario di inizio novecento, dalla presenza nel consiglio comunale di Caltagirone, dalla necessità di dare basi popolari alla democrazia, rifuggendo da ipoteche oligarchiche ed elitarie. La sua idea di laicità dell’impegno pubblico ha precorso i tempi. La sua visione democratica era inscindibilmente legata a una concreta giustizia sociale”.
“L’ascesa del fascismo – ha concluso il Presidente della Repubblica – lo costrinse al duro prezzo dell’esilio, rimanendo oppositore irriducibile del regime violento e dittatoriale. Con le sue idee, e gli studi approfonditi negli Stati Uniti, tornò ad alimentare il dibattito nel dopoguerra. Il patrimonio che ha lasciato ha arricchito la cultura democratica che può attingere a valori ed esperienze preziose anche per i tempi nuovi che stiamo vivendo“.
L’APPELLO AI “LIBERI E FORTI”
di Don Luigi Sturzo
A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugnano nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà. E mentre i rappresentanti delle Nazioni vincitrici si riuniscono per preparare le basi di una pace giusta e durevole, i partiti politici di ogni paese debbono contribuire a rafforzare quelle tendenze e quei principi che varranno ad allontanare ogni pericolo di nuove guerre, a dare un assetto stabile alle Nazioni, ad attuare gli ideali di giustizia sociale e migliorare le condizioni generali, del lavoro, a sviluppare le enrgie spirituali e materiali di tutti i paesi uniti nel vincolo solenne della “Società delle Nazioni”.
E come non è giusto compromettere i vantaggi della vittoria conquistata con immensi sacrifici fatti per la difesa dei diritti dei popoli e per le più elevate idealità civili, così è imprescindibile dovere di sane democrazie e di governi popolari trovare il reale equilibrio dei diritti nazionali con i supremi interessi internazionali e le perenni ragioni del pacifico progresso della società.
Perciò sosteniamo il programma politico-morale patrimonio delle genti cristiane, ricordato prima da parola angusta e oggi propugnato da Wilson come elemento fondamentale del futuro assetto mondiale, e rigettiamo gli imperialismi che creano i popoli dominatori e maturano le violente riscosse: perciò domandiamo che la Società delle Nazioni riconosca le giuste aspirazioni nazionali, affretti l’avvento del disarmo universale, abolisca il segreto dei trattati, attui la libertà dei mari, propugni nei rapporti internazionali la legislazione sociale, la uguaglianza del lavoro, le libertà religiose contro ogni oppressione di setta, abbia la forza della sanzione e i mezzi per la tutela dei diritti dei popoli deboli contro le tendenze sopraffatrici dei forti.
Al migliore avvenire della nostra Italia – sicura nei suoi confini e nei mari che la circondano – che per virtù dei suoi figli, nei sacrifici della guerra ha con la vittoria compiuta la sua unità e rinsaldta la coscienza nazionale, dedichiamo ogni nostra attività con fervore d’entusiasmi e con fermezza di illuminati propositi.
Ad uno Stato accentratore tendente a limitare e regolare ogni potere organico e ogni attività civica e individuale, vogliamo sul terreno costituzionale sostituire uno Stato veramente popolare, che riconosca i limiti della sua attività, che rispetti i nuclei e gli organismi naturali – la famiglia, le classi, i Comuni – che rispetti la personalità individuale e incoraggi le iniziative private. E perché lo Stato sia la più sincera espressione del volere popolare, domandiamo la riforma dell’Istituto Parlamentare sulla base della rappresentanza proporzionale, non escluso il voto delle donne, e il Senato elettivo, come rappresentanza direttiva degli organismi nazionali, accademici, amministrativi e sindacali: vogliamo la riforma della burocrazia e degli ordinamenti giudiziari e la semplificazione della legislazione, invochiamo il riconoscimento giuridico delle classi, l’autonomia comunale, la riforma degli Enti Provinciali e il più largo decentramento nelle unità regionali.
Ma sarebbero queste vane riforme senza il contenuto se non reclamassimo, come anima della nuova Società, il vero senso di libertà, rispondente alla maturità civile del nostro popolo e al più alto sviluppo delle sue energie: libertà religiosa, non solo agl’individui ma anche alla Chiesa, per la esplicazione della sua missione spirituale nel mondo; libertà di insegnamento, senza monopoli statali; libertà alle organizzazioni di classe, senza preferenze e privilegi di parte; libertà comunale e locale secondo le gloriose tradizioni italiche.
Questo ideale di libertà non tende a disorganizzare lo Stato ma è essenzialmente organico nel rinnovamento delle energie e delle attività, che debbono trovare al centro la coordinazione, la valorizzazione, la difesa e lo sviluppo progressivo. Energie, che debbono comporsi a nuclei vitali che potranno fermare o modificare le correnti disgregatrici, le agitazioni promosse in nome di una sistematica lotta di classe e della rivoluzione anarchica e attingere dall’anima popolare gli elementi di conservazione e di progresso, dando valore all’autorità come forza ed esponente insieme della sovranità popolare e della collaborazione sociale.
Le necessarie e urgenti rifrome nel campo della previdenza e della assistenza sociale, nella legislazione del lavoro, nella formazione e tutela della piccola proprietà devono tendere alla elevazione delle classi lavoratrici, mentre l’incremento delle forze economiche del Paese, l’aumento della produzione, la salda ed equa sistemazione dei regimi doganali, la riforma tributaria, lo sviluppo della marina mercantile, la soluzione del problema del Mezzogiorno, la colonizzazione interna del latifondo, la riorganizzazione scolastica e la lotta contro l’analfabetismo varranno a far superare la crisi del dopo-guerra e a tesoreggiare i frutti legittimi e auspicati della vittoria.
Ci presentiamo nella vita politica con la nostra bandiera morale e sociale, inspirandoci ai saldi principii del Cristianesimo che consacrò la grande missione civilizzatrice dell’Italia; missione che anche oggi, nel nuovo assetto dei popoli, deve rifulgere di fronte ai tentativi di nuovi imperialismi di fronte a sconvolgimenti anarchici di grandi Imperi caduti, di fronte a democrazie socialiste che tentano la materializzazione di ogni identità, di fronte a vecchi liberalismi settari, che nella forza dell’organismo statale centralizzato resistono alle nuove correnti affrancatrici.
A tutti gli uomini moralmente liberi e socialmente evoluti, a quanti nell’amore alla patria sanno congiungere il giusto senso dei diritti e degl’interessi nazionali con un sano internazionalismo, a quanti apprezzano e rispettano le virtù morali del nostro popolo, a nome del Partito Popolare Italiano facciamo appello e domandiamo l’adesione al nostro Programma.
Roma, li’ 18 gennaio 1919
LA COMMISSIONE PROVVISORIA On. Avv. Giovanni Bertini – Avv. Giovanni Bertone – Stefano Gavazzoni – Rag. Achille Grandi – Conte Giovanni Grosoli – On. Dr. Giovanni Longinotti – On. Avv. Prof. Angelo Mauri – Avv. Umberto Merlin – On. Avv. Giulio Rodinò – Conte Avv. Carlo Santucci – Prof. D. Luigi Sturzo, Segretario Politico