Sin dall’inizio della Pandemia abbiamo compreso che ci saremmo trovati a combattere una guerra immane, piena di incognite e sorprese. Con il passare dei giorni ci siamo resi conto di essere privi di armi appropriate per affrontare il nemico a viso scoperto: dopo perplessità e incertezza sulla utilità di nasconderci, alla fine siamo stati consigliati di mascherarci per tenere lontano il pericolo. Abbiamo ubbidito per difendere la nostra e altrui pellaccia, conciliando egoismo e altruismo.
E mentre la paura cresceva al pari della curva pandemica, toccando picchi di tolleranza insopportabili, dall’alto iniziava il diluvio di provvedimenti DPCM, Ordinanze regionali e Sindacali che andavano a ridurre drasticamente le libertà personali, le forme di socialità e del vivere insieme, fino a raggiungere l’ aberrante provvedimento con il quale si é imposto al soggetto l’isolamento totale dalla società. Usare il termine confinamento avrebbe potuto evocare epoche buie, condannate dalla storia; ricorrere ad un termine diverso per suoni e pronuncia ma similare per contenuto, avrebbe avuto un impatto sociale piú leggero, può digeribile. Allora ecco comparire nell’ordinamento linguistico contemporaneo la parola lockdown, termine di origine inglese che significa, appunto, isolamento, confinamento.
Ancora una volta per difendere la nostra e altrui pellaccia abbiamo accettato il provvedimento coercitivo e senza battere ciglia abbiamo preferito sfuggire all’offensiva del nemico, barricandoci tra le mura domestiche. Battuta in ritirata,
serrati nelle nostre civili abitazioni la nostra mente ha iniziato ad essere conquistata (colpa della martellante, continua e costante informazione mediatica) dal virus prevalente fino a incoronarlo pensiero dominante, totalizzante rispetto alle potenzialità del ragionare umano.
Siamo giunti ad un punto della nostra esistenza in cui il ragionare, il pensare senza il Coronavirus sembra proprio impossibile: rappresenta il condimento nocivo del nostro precario, ridotto confronto quotidiano.
É talmente elevata la soglia della paura che la stragrande maggioranza delle persone si mostra del tutto indifferente ad accettare qualsiasi restrizione imposta dall’alto.
Se al termine “confinamento”si é preferito la parola Lockdown, adesso lo stesso individuo accetta, senza battere ciglia, anche il termine Coprifuoco e le sue conseguenze restrittive che incidono sulle libertà. Le persone,stressate e sfinite dal pensiero dominante del Coronavirus accetteranno veramente di sacrificare ancora una volta le proprie libertà per combattere il nemico invisibile?
Accetteranno di essere confinate nuovamente tra le mura domestiche allo scopo di addomesticare il selvaggio e imperante virus sociale e mentale?
- La specie umana si contraddistingue dal resto degli essere viventi per la sua capacità di elaborare pensieri, di ricercare soluzioni ai problemi e alle difficoltà ma anche di adattarsi ai cambiamenti.
Saprà rispondere e ricercare soluzioni anche a questo dramma?Ė cosciente, siamo tutti ormai consapevoli che saremo chiamati a pagare ancora un prezzo alto in termini di sofferenze sociali ed economiche. Saranno in molti, specialmente tra i giovani, a inscenare forme di protesta per le restrizioni delle libertà. Non mancheranno le voci di dissensi su eventuali e prevedibili provvedimenti di natura coercitiva. La disperazione é alta e le difficoltà economiche iniziano a prevalere rispetto alla prevenzione sanitaria. Le proteste sono anch’esse da mettere in conto se non prevarranno le restrizioni auto imposte. Se non prevarrà la consapevolezza collettiva che rappresenta il vero antidoto per prevenire la restrizione delle libertà e per contenere il potere distruttivo, di strage attribuito al Covid 19.
Personalmente opto per le prime norme, per la consapevolezza, per le auto restrizioni che da sole e senza altre privazioni saranno in grado di conseguire migliori risultati da quelle affidate al confinamento e al coprifuoco, termini aberranti che abbruttiscono l’individuo nell’agire e nel pensare.
La consapevolezza nell’agire e interagire con il prossimo, in attesa del vaccino e di nuovi farmaci, rimangono le armi migliori per prevenire forme coercitive imposte dall’alto e contribuire a raggiungere migliori risultati sul piano della civiltà, della salute e dell’economia. Senza ricorrere a concetti di natura bellica che richiedono armi di guerra di cui oggi siamo sprovvisti per abbattere un nemico che riesce a colpire senza armi. Francesco Garofalo