Oggi martedì 2 novembre 2021, ricorre la Giornata mondiale per mettere fine all’impunità per i crimini contro i giornalisti. Indetta dall’ONU nel 2013 in memoria dell’omicidio di due giornalisti francesi uccisi nel Mali nello stesso anno. Quattro anni prima, più di trenta giornalisti erano stati uccisi nel massacro di Maguindanao, nelle Filippine. Da allora, le commemorazioni globali dell’IDEI forniscono un’occasione unica per sensibilizzare e promuovere il dialogo tra tutti gli attori coinvolti nella lotta contro l’impunità. Costoro – e tra essi le Agenzie delle Nazioni Unite, gli organismi regionali,
gli Stati membri, i componenti della magistratura, della società civile e dei media – svolgono un ruolo chiave nell’accertare le responsabilità e nel portare in giudizio coloro che commettono reati contro i giornalisti e i lavoratori dei media.
Porre fine all’impunità per i crimini contro i giornalisti è una delle sfide più pressanti per garantire la libertà di espressione e l’accesso all’informazione di tutti i cittadini. Tra il 2006 e il 2020, oltre 1.200 giornalisti sono stati uccisi nel mondo e quasi 9 casi su 10, secondo l’osservatorio UNESCO dei giornalisti assassinati, sono tuttora irrisolti. Questa spirale di violenza contro i giornalisti è spesso indice di un indebolimento dello stato di diritto e del suo sistema giudiziario.
Le donne giornaliste sono particolarmente soggette a minacce e attacchi, in particolare online. Secondo il report recentemente pubblicato dall’UNESCO, “The Chilling: Global Trends in online violence against women journalists”, il 73% delle donne giornaliste intervistate ha dichiarato di essere stata minacciata, intimidita e insultata online nel corso del proprio lavoro.
L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nella sua 68esima sessione del 2013, ha adottato, quindi, la risoluzione A/RES/68/163 proclamando il 2 novembre “Giornata internazionale per porre fine all’impunità per i crimini contro i giornalisti (IDEI)”.