Jole Santelli, era cosciente del suo precario stato di salute, della minaccia che incombeva da tempo su di Lei. Proprio per questa sua condizione esistenziale avrebbe potuto scegliere una vita tranquilla e serena, dedicarsi a se stessa e ai propri affetti con maggiore intensità e dedizione. Avrebbe potuto, forse doveva ma la passione per la politica e l’amore che provava per la sua terra, glielo hanno fortemente impedito. Non si è tirata indietro, non ha usato la sua personale sofferenza per declinare l’invito rivolto dal Presidente Silvio Berlusconi di scendere in campo per la conquista della regione Calabria. Poteva rinunciare, conservare il suo comodo scranno in parlamento, vivere in tranquillità anziché buttarsi nella mischia. La sua indole di lottatrice fino in fondo ha preso il sopravvento ed ha affrontato una battaglia che sapeva, sin dall’inizio della campagna elettorale, essere difficile e stressante. Sapeva delle difficoltà a cui andava incontro. Lo sapeva come donna e come soggetto politico. Ma era altrettanto consapevole che la sua elezione avrebbe comportato una rottura negli schemi consolidati del sistema Calabria. Nella stessa misura però era consapevole che l’eventuale vittoria ottenuta da una donna alla guida della regione più povera d’Italia, sarebbe stata soprattutto un trionfo dell’intera società, un simbolo per il riscatto di tutte le donne calabresi a non rassegnarsi di fronte agli ostacoli antichi e moderni della società calabra. Con l’affermazione ottenuta alle elezioni regionali ha dimostrato che le battaglie vinte da una donna sono innanzitutto vittorie per l’intera società, di rispetto delle diversità e di pace.
Con l’elezione di Jole Santelli, primo Presidente donna della regione Calabria, si è rotto uno modello culturale prima ancora che politico, destinato a lasciare un segno tangibile nei processi di riscatto di genere.