- In Calabria, nel comprensorio denominato Savuto, dal fiume che attraversa la Valle si intravedono, adagiati sui suoi pendii, una miriadi di Comuni di piccole dimensioni demografiche, tra cui S. Stefano di Rogliano. Situato a Sud della città Bruzia, questo piccolo Comune, è facilmente raggiungibile da ogni luogo grazie alla presenza della rete autostradale, collocata a poche centinaia di metri dal centro urbano, dalla SS 19 e dalla Ferrovia delle Calabria.
Tale lembo di terra ospita una comunità che in termini demografici conta oggi più di 1700 anime. I suoi abitanti vengono descritti storicamente Pestosi, appellativo che assunse, in seguito all’evento epidemico che colpì il paese nel lontano 1667. Il nomignolo addossatogli assunse in seguito un significato dispregiativo da parte delle comunità viciniore con le quali si registravano contrapposizioni e difese di natura localistiche e campanilistiche.
In questo periodo di Pandemia causata dal Covid-19 i Pestosi di Santo Stefano si ritrovano, loro malgrado, a rivivere emozioni del passato che il tempo sembrava aver assorbito, dimenticato e assopito.
Le epidemie cambiano, i batteri si modificano, i virus si trasformano, ma un’emozione rimane inalterata: la paura. E in questo momento ciò che accomuna la comunità e le comunità che vivono il pianeta in forma di Villaggio globale è proprio la paura dell’ignoto, del pericolo dell’invisibile che colpisce e divora le certezze materiali di ieri, date per acquisite ed entrate in crisi dopo il Covid-19.
Stefano di Rogliano, al pari di tutte le comunità planetarie, rivive oggi i sentimenti che scaturiscono dall’ignoto, dalla stessa minaccia dell’invisibile da cui eruppe la cosiddetta Peste bubbonica. La comunità nel lontano 1667 conobbe sulla propria pelle gli effetti devastanti della Peste. Le famiglie furono duramente provate da questa malattia infettiva, di origine batterica. Il bacillo Yersinia Pestis decimò la comunità locale e non vi fu famiglia che non conobbe dolore, sofferenze e decessi. Si racconta che le persone infette venivano allontanate dalle famiglie e abbandonate distanti dal paese, in luoghi di fortuna in attesa che la natura facesse il suo corso. La fede e la preghiera erano gli unici farmaci ai quali ricorrere per costruire un filo di speranza con la vita.
Si riporta che la comunità santostefanese, che all’epoca esprimeva forti valori dello stare insieme, conservasse uno stretto legame sociale fondato sul principio del mutuo soccorso, sull’aiuto reciproco per superare le difficoltà che si presentavano nel momento delle emergenze. Fu proprio l’emergenza epidemica che spinse la comunità intera a rivolgersi al protettore del terribile flagello della peste che colpì le comunità di altri Paesi, tanto che il Concilio di Costanza lo invocò Santo per la liberazione dell’altra epidemia che era scoppiata nel 1414.
Secondo quanto ripreso e riportato nei secoli le preghiere furono efficaci. Grazie all’intercessione di San Rocco, amico degli ultimi, degli appestati, dei malati infettivi. L’epidemia fu inibita, restituendo alla comunità la serenità perduta anche se in essa rimasero tangibili i segni dell’epidemia.
I fedeli, per riconoscenza e gratitudine nei confronti della grazia ricevuta, edificarono in onore del Santo, una piccola cappella dove si riunivano per rivolgere al “pellegrino che non aveva paura degli appestati”, preghiere e canti di ringraziamenti.
La cappella sorse nel cuore del paese, nel rione denominato Capo Alfieri.
Invocato come protettore dal terribile flagello della peste, San Rocco venne sempre onorato con feste religiose e civili in segno di riconoscimento per l’intercessione ottenuta e la serenità riportata nella piccola comunità.
Ieri come oggi?
Il paragone tra la peste e il Covid-19 è temerario in termini di risposta socio-sanitaria: i tempi sono diversi, il progresso tecnologico ha raggiunto livelli magici, le conoscenze sono diventate a portata di tutti, i confini sono stati superati, riducendo i tempi anche in termini di trasmissione delle epidemie.
Tutto è cambiato, ma alcuni elementi rimangono invariati.
La peste è una malattia trasmessa dagli animali all’uomo. E’ di origine batterica, mentre il Covid-19 (dove “CO” sta per corona, “VI” per virus, “D” per disease e “19” indica l’anno in cui si è manifestata) ha origine virale. Si ritiene che questo sia di origine zoonotica ma attualmente la modalità di trasmissione predominante è fra uomo e uomo, generalmente attraverso goccioline respiratorie (droplet) che le persone emettono starnutendo o tossendo.
Sappiamo storicamente che la salute degli umani è strettamente correlata a quella del mondo animale con cui l’uomo entra in contatto o di cui l’uomo si è sempre servito e ancora si serve per trarre alimenti e trasformarli per il suo sostentamento.
Sappiamo anche che l’infezione della peste bubbonica sia stata provocata dalla diffusione del bacillo denominato Yersinia pestis trasmesso attraverso la puntura delle pulci dei ratti ( Xenopsylla cheopis) o tramite il morso dei ratti stessi o di altri roditori. La peste del 1665-1666 comunque, si diffuse in maniera ridotta rispetto alla teste nera che tra 1347 ed il 1353 che colpì duramente l’Europa.
La grande Peste fu un’epidemia di grande dimensioni. In Inghilterra tra il 1665 e il 1666 si verificarono un numero di decessi compresi tra 75.000 e 100.000, cioè un quinto della popolazione della sua capitale, Londra.
La Peste è ancora una malattia presente nel mondo anche se i numeri dei contagi sono esigui rispetto a quelli da cataclisma che si sono verificato nei secoli passati. Non incute paura perché esistono cure efficaci e sistemi di allarmi idonei ad arginare l’epidemia.
Non suscita paura perché le condizioni igieniche sono migliorate, la ricerca è andata avanti e la gente ha imparato un po’ meglio a difendersi dalle infezioni.
Infonde paura, invece, il Covid-19, Pandemia che ha sconvolto le coscienze di tutti i popoli e dal quale, non avendo ad oggi nessun farmaco specifico a disposizione per combatterla né tanto meno un vaccino per prevenirla, ci si avvale delle raccomandazioni, emanate attraverso gli organi istituzionali, di non uscire da casa, attuare la quarantena, rispettare il distanziamento sociale e tanti accorgimenti di natura igienico sanitaria atta a contenere la diffusione del virus.
Oggi come ieri? Le società cambiano, i saperi crescono ma la “guerra” eterna fra esseri umani e gli agenti infettivi, modificati, mutati sarà sempre in agguato. Nessuno, infatti, è un’isola e di conseguenza le scelte del singolo si riversano inevitabilmente sui propri simili.
Per queste considerazioni è necessario essere solidali con i più deboli ed i più vulnerabili , in quanto verrà il momento in cui tra i più deboli e vulnerabili andremo ad annoverarci noi o qualcuno al quale teniamo particolarmente.
Chi vincerà alla fine questa guerra tra uomo e gli invisibili? Ci possono essere momenti di stasi in cui le comunità non saranno attaccate in modo Pandemico. Potranno passare secoli, come è avvenuto per la comunità S. Stefanese, per la Peste e oggi con il Covid-19, ma diventerà difficile pensare che tutto terminerà in modo definitivo. Possiamo come società civile, avvalendoci della ricerca scientifica, della tecnologia tenere a bada i nemici , gli agenti infettivi se sapremo, in sintesi essere uniti, se sapremo tutelare il singolo per tutelate l’insieme, se useremo le armi della civiltà e della cultura.
Oggi come ieri?
Le Pandemie passeranno e come tutte lasceranno sul campo sofferenze e vittime. Il tempo assorbirà le ferite, farà dimenticare le paure condivise e vissute, in epoche diverse, cosi come avvenuto per l’infezione della Peste così come avverrà per il Covid-19.
Dimenticheremo il perché la cappella di San Rocco sia stata edificata nel centro storico di quel paesino che sorge ai pendii del Comprensorio Savuto e quali le motivazioni spinsero la comunità ad edificare il luogo sacro. Sarà obliato quel passato che ritorna in vesti diverse dove l’uomo, fino ad ieri ritenuto “onnipotente”, forte e invincibile, si riscopre nudo e debole, uguale per vulnerabilità e paura a tutti gli altri.
Le epidemie, le Pandemie rendono uguali i cittadini di fronte alle minacce dell’”invisibile”. L’intelligenza di cui è provvisto l’uomo saprà fornire le armi per difendere e tutelare la propria salute. I vaccini, i farmaci, hanno il pregio di prevenire e curare, ma di contro ci fanno dimenticare le stragi che in passato si sono verificate.
provocato.
I rimedi provocano amnesia mentale e le tragedie vissute a causa della potenza distruttrice di alcuni microbi patogeni rimarranno circoscritte nella cronaca del tempo e in qualche pagina di libro di storia, che non andrebbe custodito solo nelle librerie reali o virtuali, ma nella mente di ciascuno di Noi, nella memoria e nei gesti quotidiani per avere contezza sempre di ciò che siamo, cosa rappresentiamo e cosa produciamo con i nostri comportamenti quotidiani e il nostro interagire con l’ambiente e la natura circostante, divenuta globale per benessere ma anche per sofferenza.
( Franco Garofalo)