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La società e il parricidio: fenomeno estraneo o parte di un problema più ampio?

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Francesco Garofalo, sociologo: Ripensare la salute mentale, l’educazione e il ruolo della società di fronte alla violenza giovanile

Quando si verificano omicidi all’interno della famiglia, la società tende a vederli come eventi eccezionali, quasi anomali, rispetto alla normale vita quotidiana. Tuttavia, non possiamo considerarli del tutto estranei alla società in cui si manifestano. La famiglia è, infatti, una delle istituzioni fondamentali della società e ciò che avviene al suo interno riflette tensioni e dinamiche più ampie, spesso legate a fattori culturali, economici e psicologici.

Le radici di questi crimini sono complesse e spesso affondano in un intreccio di dinamiche personali e sociali. Se da una parte gli psicologi si concentrano sulle cause individuali – traumi, disturbi mentali, dinamiche relazionali disturbate – la sociologia si interroga su come la società contribuisca a creare contesti in cui queste tensioni possono esplodere.

La deflagrazione dell’azione: perché non prevale il pensiero?

Il tema del pensiero, o meglio della sua mancanza nel momento dell’atto violento, è cruciale. Il pensiero riflessivo, che dovrebbe prevenire tali azioni, sembra inibito, lasciando spazio a un impulso distruttivo che deflagra senza controllo. Questo può essere dovuto a una serie di fattori: la pressione sociale, la mancanza di dialogo, l’isolamento emotivo o l’incapacità di gestire conflitti interni, utilizzo di  sostanze stupefacanti. La società moderna è sicuramente dotata di strumenti per reprimere pulsioni violente, ma questi strumenti – come l’educazione al pensiero critico o l’accesso a risorse di supporto psicologico – non sono sempre efficaci o accessibili a tutti.

I giovani, oggi, vivono in un mondo caratterizzato da rapidi cambiamenti tecnologici e culturali, che spesso non lasciano spazio alla riflessione. In una società sempre più improntata alla gratificazione immediata, alla velocità e alla superficialità, il pensiero profondo e riflessivo rischia di essere marginalizzato. Non si può dire che i giovani “pensino meno”, ma è probabile che abbiano meno occasioni e strumenti per sviluppare un pensiero critico e costruttivo che possa aiutarli a gestire i conflitti interni ed esterni.

Statistiche e fattori di aumento

Sulle statistiche riguardanti i figli che uccidono i genitori, i dati sono contrastanti. Non sembrano esserci prove concrete che questi omicidi siano aumentati in modo significativo rispetto al passato. Tuttavia, ciò che è cambiato è la percezione di questi fatti, amplificata dai media, che rendono questi episodi più visibili e drammatici agli occhi dell’opinione pubblica.

La pandemia di Covid-19, tuttavia, ha senza dubbio esacerbato il disagio psicologico di molti, in particolare dei giovani. L’isolamento sociale, la paura del futuro e l’instabilità economica hanno creato un clima di vulnerabilità e stress che può aver contribuito ad aumentare le tensioni nelle famiglie e i conflitti intergenerazionali. Anche se non possiamo affermare con certezza che il Covid abbia direttamente aumentato gli episodi di violenza familiare, è probabile che abbia reso più fragili i legami sociali e le capacità di gestione delle emozioni.

Il ruolo della società e delle istituzioni

La società, insieme alle istituzioni e al mondo dell’educazione, può fare molto per prevenire questi fenomeni. Ecco alcuni possibili interventi:

Educazione alle emozioni: Insegnare ai giovani, sin dalla scuola, a riconoscere e gestire le proprie emozioni può essere uno strumento potente per prevenire comportamenti violenti.

Sostegno psicologico accessibile: Offrire servizi di supporto psicologico a basso costo o gratuiti per le famiglie può aiutare a identificare e risolvere i conflitti prima che diventino incontrollabili.

Campagne di sensibilizzazione: La società può promuovere campagne di sensibilizzazione su temi come la gestione del conflitto, la violenza domestica e il benessere mentale, per ridurre lo stigma legato alla richiesta di aiuto.

Integrazione sociale: Favorire politiche di integrazione sociale che riducano l’isolamento e promuovano il dialogo tra le generazioni potrebbe aiutare a prevenire l’insorgere di tensioni che, se non gestite, possono sfociare in violenza.

Un altro aspetto cruciale da considerare è la necessità di ripensare la politica sanitaria, con un maggiore investimento nella salute mentale, specialmente per i giovani. La carenza di strutture adeguate e di personale specializzato è un problema che va affrontato con urgenza. Gli operatori della salute mentale sono sempre di meno e spesso lavorano in condizioni critiche, esposti a rischi elevati, comprese le aggressioni nei luoghi di cura. Aumentare le risorse per le strutture di salute mentale e proteggere chi ci lavora dovrebbe essere una priorità. Parallelamente, anche il sistema scolastico va rafforzato non solo attraverso l’assegnazione di risorse economiche, ma anche con l’inserimento di specialisti, come psicologi e counselor, che lavorino a fianco degli insegnanti per offrire supporto ai giovani in difficoltà.

Certamente, i fenomeni di violenza familiare saranno gestiti dalle autorità giudiziarie: i presunti  protagonisti di questi crimini verranno giudicati nei tribunali e i giudici decideranno quale pena eventualmente  infliggere. Tuttavia, è fondamentale comprendere che il problema non può essere semplicemente delegato alle aule dei tribunali. I giovani che commettono delitti come l’uccisione dei propri genitori non sono solo assassini; sono persone che, se ritenute colpevoli, dovranno pagare per i loro crimini, ma non per questo deve essere negata loro la dignità umana.

La società civile e moderna deve garantire a questi individui la possibilità di essere aiutati, come richiede il principio di umanità. Non possiamo rinunciare a cercare di capire le ragioni più profonde di questi gesti e a offrire a questi giovani un’opportunità di recupero, in linea con i valori di una società civile che promuove la giustizia ma anche il rispetto e il sostegno verso chi è in difficoltà.

In conclusione, sebbene certi fenomeni siano sempre esistiti, la società moderna ha strumenti nuovi e potenti per affrontare e prevenire situazioni di conflitto all’interno delle famiglie. E’ necessario ancora un impegno collettivo e un rafforzamento delle politiche educative e di supporto psicologico per affrontare queste problematiche alla radice ( Francesco Garofalo) francogarofalo1@gmail.com