Riflessioni sociologiche sui rischi di una distorta narrativa storica e politica
Il sociologo Francesco Garofalo solleva un avvertimento contro l’eccessivo e improprio utilizzo delle parole “fascismo” e “antifascismo”, mettendo in luce le possibili conseguenze negative su diversi fronti sociologici, politici e culturali. Garofalo (docente di sociologia e storia delle istituzioni politiche), sottolinea come il frequente abuso del termine “fascismo” per descrivere situazioni estranee al suo vero contesto storico e politico possa portare alla banalizzazione delle gravose atrocità perpetrate sotto regimi effettivamente fascisti. Questo fenomeno, avverte il sociologo, rischia di erodere la consapevolezza storica e di distorcere la comprensione autentica del fenomeno del fascismo. L’etichettatura affrettata di comportamenti o gruppi come “fascisti”, secondo Garofalo, non solo intensifica le divisioni all’interno della società ma alimenta anche un clima di ostilità e conflitto tra fazioni auto-proclamatesi fasciste e antifasciste, invece di promuovere un dialogo costruttivo e inclusivo.
Il sociologo critica inoltre l’adozione superficiale dell’antifascismo come mera tendenza o slogan, anziché come un principio basato su una profonda comprensione della storia e della politica. Questo approccio, avverte Garofalo, potrebbe indebolire l’efficacia delle autentiche azioni antifasciste e favorire una risposta superficiale ai complessi problemi sociali e politici. Infine, Francesco Garofalo esorta a un utilizzo responsabile delle parole “fascismo” e “antifascismo”, richiamando l’importanza di mantenere un linguaggio chiaro e rispettoso della verità storica. Questo è fondamentale per preservare l’integrità e la rilevanza di questi concetti nel contesto attuale, senza compromettere la memoria storica e l’impatto sociale che hanno avuto nel corso della storia.