31 gennaio 1945, il Consiglio dei ministri, presieduto da Ivanoe Bonomi, emana un decreto che riconosce il diritto di voto alle donne (decreto legislativo luogotenenziale nº 23 del 2 febbraio 194. E’ una data destinata a rimanere alla storia in cui, con un decreto legislativo il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconosce il voto femminile, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi.
La conquista delle urne giunge, per le donne con le elezioni amministrative tra marzo e aprile del 1946, mentre il 2 giugno dello stesso anno parteciperanno ad un voto di ben altra importanza storica: si tratta del referendum istituzionale per scegliere tra monarchia e repubblica e l’elezione dell’Assemblea Costituente. Il decreto che introduce il suffragio universale ordina la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili ed esclude dal diritto di voto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”. Per sancire poi l’eleggibilità delle donne servirà un nuovo decreto del 10 marzo 1946.
La partecipazione al voto amministrativo è un plebiscito, l’affluenza femminile supera l’89%. Circa 2 mila candidate vengono elette nei consigli comunali, la maggioranza nelle liste di sinistra. La stessa affluenza delle donne sarà registrata per il referendum del 2 giugno 1946. La mattina del 2 giugno il ‘Corriere della Sera’ esce in edicola con l’ articolo intitolato “Senza rossetto nella cabina elettorale” con il quale invita le donne a presentarsi presso il seggio senza rossetto alle labbra. La motivazione : “Siccome la scheda deve essere incollata e non deve avere alcun segno di riconoscimento, le donne nell’umettare con le labbra il lembo da incollare potrebbero, senza volerlo, lasciarvi un po’ di rossetto e in questo caso rendere nullo il loro voto.
Le donne elette alla Costituente saranno 21 su 226 candidate, pari al 3,7 per cento. una esigua minoranza che sarà ricordata come ‘madri costituenti‘ . Pur appartenendo a schieramenti politici diversi, il gruppo delle donne saprà fare gioco di squadra su temi come l’uguaglianza, la famiglia, il riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio, la parita’ salariale, l’accesso delle donne alle professioni.
Con l’entrata in vigore della Costituzione il 1 gennaio 1948 verrà garantita l’uguaglianza formale fra i due sessi, stabilità dall’articolo 3. Nonostante questo, rimasero però in vigore le norme del Codice della Famiglia e del Codice Penale, che continuavano a sancire una disuguaglianza di fatto che sarebbe durata ancora per decenni.
Con l’elezione del primo Parlamento della storia repubblicana, vennero elette 45 donne alla Camera (7,1%) e 4 in Senato (1,2%), Lina Merlin diviene la prima Senatrice in tutta la storia d’Italia. Nel 1951 per la prima una donna entra a far parte del governo: la democristiana Angela Cingolani, sottosegretaria all’Industria e al Commercio . Nel 58 viene approvata la legge Merlin, che sancisce la fine delle case chiuse. Essa abolisce la regolamentazione Con la regolamentazione della prostituzione, chiude le case di tolleranza e introduce i reati di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione. La prostituzione in sé, volontaria e compiuta da donne e uomini maggiorenni e non sfruttati, restò però legale, in quanto considerata parte delle scelte individuali garantite dalla Costituzione, come parte della libertà personale inviolabile (articolo 2 e articolo 13). La legge Merlin regola tuttora il fenomeno in Italia.
Il decennio degli anni ’70 è stato probabilmente quello che ha visto il maggior numero di successi nella battaglia per l’emancipazione delle donne.
Nel 1970 viene concesso il divorzio, conquista ribadita con la vittoria dei no al referendum del 1974 che ne chiedeva l’abrogazione. Il 1975 rappresenta l’anno della riforma del diritto di famiglia, che garantisce finalmente la parità legale fra i coniugi e la possibilità della comunione dei beni. Nel 1981 viene infine abolito il delitto d’onore. Nel 1977, si concretizza la legge sulla legalizzazione dell’aborto, la famosa Legge 194 ancora oggi in vigore.
Una tappa importante si consegue il 1979. Vale a dire il primo riconoscimento femminile nel mondo politico: Nilde Iotti viene eletta Presidente della Camera, prima donna a ricoprire questa carica, che occuperà per 3 mandati e oltre 12 anni. Nel 1996 dal Governo Dini viene introdotto il reato di violenza sulle donne, trasformandola in un reato contro la persona e non più contro la morale. Tre anni dopo, sotto il Governo D’Alema I, per la prima volta le donne possono arruolarsi nell’esercito italiano.
Il 2009 arriva la legge che tutela le donne vittime di “stalking” da parte degli uomini e nel 2013 giunge la legge specifica sul femminicidio.
Con la legge sulle unioni civili, le coppie dello stesso sesso ottengono un primo, seppur insufficiente, riconoscimento giuridico, così come le dei diritti delle donne conviventi al fuori dell’istituto matrimoniale.
Il 19 luglio 2019 il Senato italiano approva il cosiddetto “Codice Rosso“, una serie di leggi in difesa delle vittime di violenza domestica e di genere. Molte conquiste sono state ottenute, importanti passi sono stati fatti, tanti ancora, comunque, sono da fare sul piano dei diritti .