Giornata mondiale contro la corruzione: un fenomeno che la crisi non ha accennato a ridurre. Istituita dalle Nazioni unite per la prima volta nel 2012, si celebra ogni anno il 9 dicembre allo scopo di sensibilizzare la popolazione su un fenomeno sociale, politico ed economico che priva i cittadini di diritti fondamentali, rallentando e minando il corretto sviluppo della società. La ricorrenza ha lo scopo di sensibilizzare la popolazione su un problema grave che mina il corretto sviluppo di una comunità privando i cittadini di diritti fondamentali.
Mira, inoltre, a costituire un’importante occasione per richiamare le istituzioni, le imprese, gli operatori economici e sociali e i cittadini alla promozione dell’etica nelle decisioni politico-economiche e professionali, nella convinzione che solo laddove le istituzioni operano in sinergia con la società civile si può rafforzare il senso dello Stato e costruire una cultura di corresponsabilità e partecipazione.
La corruzione ha sempre caratterizzato tutte le civiltà, anche le più antiche. Dalle civiltà mesopotamiche, dove la reciprocità tra il dono interessato ed il favore richiesto era una consuetudine consolidata, all’Atene di Pericle o alla Roma di Cicerone, dove la tangente era un costume formalmente condannato benché ampiamente diffuso, dall’Europa della Riforma luterana, cruciale nella fondazione di un’etica anticorrutiva, all’irrisolta questione morale dei giorni nostri. Ma come si combatte la corruzione, come si contrasta la prassi comportamentale che avvia, conduce ad alimentare il fenomeno della corruzione? La corruzione si batte con la cultura, costruendo un clima etico, rispettoso delle regole, delle norme e della civiltà. E’ arduo tracciare una stima sulla corruzione in quanto come tutti gli altri fenomeni sommersi è difficile da misurare e rilevare la sua ampiezza precisa. Non si hanno sufficienti dati su di essa e quindi praticare delle stime sul valore economico della corruzione diventa complesso e complicato.
Secondo alcuni autori, il 10% dei dipendenti pubblici è immune da tentazioni, un altro 10% è totalmente asservito ad interessi illeciti, mentre il restante 80% si adatta alla cultura prevalente.
Al di là delle percentuali, che forse andrebbero leggermente ritoccate nell’attuale panorama italiano, è chiaro come il target delle iniziative di prevenzione e di formazione debba essere proprio quell’ampia platea di dipendenti che sta nel mezzo. L’adattamento ad una cultura prevalente, l’asservimento, la fedeltà ad un leader in luogo della lealtà ad un ordinamento costituiscono la base culturale, l’humus fecondo per le predazioni che dall’interno o dall’esterno danno luogo a fenomeni di corruzione su larga scala. Queste aspetti sociali non si cambiano con le leggi (o solo con le leggi)l Le normative hanno un valore se vengono rispettate, onorate e applicate in primo luogo nella prassi comportamentale quotidiana. La trasparenza non è solo nella stesura degli atti, nella divulgazione di essi, ma deve essere accomodata e onorata all’interno di ciascuna coscienza individuale. L’etica induce a segnalare senza tentennamento un fatto corruttivo per proteggere l’interesse pubblico. Chi ignora e protegge tali distorsioni non fa altro che alimentare il fenomeno che ha assunto in questi periodi dati piuttosto allarmanti. Etica e cultura , rispetto della legalità, costituiscono le barriere che ostacolo, bloccano e costruiscono argini per combattere seriamente il malaffare. Dopo vengono le leggi. Prima vengono le regole, le norme che sono state scritte all’interno di ciascuno di Noi per difendere e difenderci dalla corruzione che miete vittime e arreca danni irreversibili sulla società e sul singolo individuo.